L’impennata dei prezzi e la scarsità di offerta mette in difficoltà il sistema produttivo, ma è l’occasione per una spinta innovativa. E in Friuli c’è già qualche esempio di reshoring.
Negli ultimi mesi le industrie hanno dovuto fare i conti con una fiammata dei prezzi delle materie prime e, per alcune di esse, anche con la scarsità se non addirittura con la mancanza. Basti pensare che il legno di importazione europea da inizio anno ha subito rincari del 30%, stessa cosa per i rottami ferrosi destinati alle acciaierie. Il coil, un semilavorato siderurgico destinato alla produzione di elettrodomestici e componenti per mobili, è cresciuto del 40%, mentre nel settore chimico prodotti come il metanolo, l’urea e la melanina addirittura dell’80-90 per cento. Il materiale plastico Abs (acrilonitrile-butadiene-stirene) ha visto addirittura raddoppiare il proprio costo nel giro di pochi mesi. Ed è una fiammata di dimensioni mondiali, che si combina anche all’impennata dei costi nel trasporto, in particolare marittimo, e l’allungamento dei tempi di disponibilità di container: quindi una vera e propria tempesta perfetta.
“Lo shock della pandemia nella primavera 2020 ha azzerato la domanda e quindi si è interrotto il prelievo di legname spingendo i fornitori a utilizzare gli stock in magazzino – spiega Alessandro Calcaterra titolare della Legnonord di Basiliano e presidente Fedecomlegno -. Poi, dopo sei mesi, c’è stata la ripresa produttiva e la richiesta di materie prime. Purtroppo, la nostra filiera è rigida nel breve-medio periodo e richiede tempi lunghi per la riattivazione”.
Analisi simile quella fatta da Stefano Scolari, amministratore delegato dell’acciaieria Abs di Cargnacco, del gruppo Danieli.
“Il rottame è soggetto più di altre materie prime a picchi e crolli dei prezzi, anche per dinamiche speculative – spiega il manager –. La riduzione della produzione di acciaio tra marzo e giugno 2020 ha portato all’erosione degli stock e, poi, la robusta ripresa del settore da autunno ha spinto i produttori a una ricerca spasmodica di rottami. Gli scambi sono impattati da dinamiche mondiali, basti pensare al peso sul mercato della Turchia che importa quasi 20 milioni di tonnellate all’anno, circa l’80% del suo fabbisogno, influenzando di fatto i trend di prezzo in Italia e in tutta Europa”.
“Questa fase di difficoltà, che dovrebbe durare ancora 6-12 mesi e che potrebbe ripetersi periodicamente anche in futuro, deve servire per ripensare sia i prodotti sia le filiere produttive – commenta Paolo Fantoni, Ad dell’omonimo gruppo industriale di Osoppo leader nella realizzazione di pannelli Mdf e che sta realizzando importanti investimenti nell’economia circolare -. Per i primi, cioè i prodotti, la strada maestra è quella della green economy, quindi l’utilizzo di materie da riciclo e riutilizzo. Per le filiere e per alcune produzioni, invece, è giunto il momento di pensare a operazioni di reshoring, cioè di riportare delle lavorazioni in Europa”.
“La filiera del legno, per esempio, deve essere ripensata nel segno della sostenibilità – gli fa eco Calcaterra – sia ristrutturando i processi produttivi, sia a monte con una gestione forestale sostenibile, filiere corte e soprattutto certificate”.
E c’è chi sta già investendo in operazioni di reshoring. È il caso della Compotek di Manzano, azienda che si occupa di componenti per sedie e mobili da ufficio e contract.
“Da una decina di anni progettiamo in Friuli e facciamo realizzare in Cina su nostro disegno e stampo – spiega il titolare Manuele Danielis – nell’ultimo anno, però, le condizioni sono diventate disastrose. Il solo nolo dei container, noi ne trasportiamo 400 all’anno, è passato da 3.600 a oltre novemila dollari. Inoltre, l’aumento della domanda interna ha spinto verso l’alto i prezzi di acquisto in Cina. Se fino ad alcuni anni fa il divario con l’Europa era del 20-30% oggi siamo scesi al 10-15 per cento, per altro con obbligo di pagamento anticipato”.
La Compotek ha voluto anticipare una strategia, quella del reshoring, che oggi è all’attenzione di diverse filiere e numerose aziende. Già cinque anni fa, infatti, ha spostato in uno stabilimento del gruppo in Bosnia parte della produzione fino a quel momento commissionata alla Cina. Un anno fa, poi, ha avviato un importante investimento da 2,5 milioni di euro, nella sede di Manzano, dove entro 3-4 mesi andrà in produzione una nuovissima linea di stampaggio.